Be tool! Tre riflessioni su #SMStrategies fra moda, tortellini e Cina.

L'ottobre della formazione si è concluso degnamente (a meno che qualche influencer non mi proponga un webinar la notte di Ognissanti) con una full immersion vicino a casa e ufficio: io, mia moglie mamma-blogger Viviana e la mia socia Ilaria abbiamo partecipato a Social Media Strategies a Bologna.
Prima di tutto voglio dire che l'organizzazione di GT Master Club è stata ottima sia per il livello degli interventi che per altri fattori mica tanto contingenti, come le buone razioni di tortellini e gnocchi al ragù secondo la tradizione felsinea. Scusate se sull'argomento ultimamente sono un po' sensibile, ma il WIFI era tutto meno che un WIFI. So bene che non è né colpa dell'organizzatore, né dell'hotel, né di nessun altro (ehm...), ma tutta la documentazione dell'evento che ha dato luogo alla Storify in fondo al post è stata creata grazie ai mega che l'operatore di telefonia ha scalato dall'iPad di Mantica.

Allora ecco le tre cose che ho imparato da questo evento, due per esperienza diretta l'altra perché della mia socia mi fido ciecamente:

1) Be Tool: la fase di analisi è più importante di quella di azione 
La frase "Content is the King" è stata un mantra, in questo periodo. Creare contenuti unici, se vogliamo, è anche la prerogativa di questo blog, posto che qualcuno lo legga. Spesso però la fase di analisi dei dati e relativa strategia è più importante dell'azione vera e propria: non avete idea della fatica che faccio a spiegarlo ai miei clienti nella moda, gente abituata a pensare ed agire quasi in contemporanea! Per sottolineare il concetto parto dalla fine, da uno degli ultimi panel, quello di Giorgio Soffiato (non lo conoscevo, brillantissimo) che ha parlato molto di analisi strategica e poco di azione vera e propria. Certo, il marketing mix è fondamentale, specie nei social network: i miei amici tuttologi per non saper né leggere né scrivere aprono tutti i social, quando poi all'azienda cliente ne servirebbero solo alcuni. Tuttavia è ancora più importante stabilire archetipi, definire obbiettivi, mirare a trasformare lead in clienti e avere chiari i fattori di possibile saturazione di un mercato. In una frase, la preparazione è più importante dell'azione stessa.
Si, ma come si può apparecchiare correttamente la tavola per gustare al meglio i tortellini che abbiamo in pentola?
Forchette e bicchieri non sono altro che i tool sviluppati grazie alle API dei social stessi, un autentico mondo. I social network danno una marea di informazioni che aspettano solo di essere analizzate. Se però ci si limita ad utilizzare gli strumenti base messi a disposizione da Facebook o Twitter spesso non si esce da post, condivisioni e commenti e poco altro.
L'ottimo Angelo Marolla, sportivo molto poco nerd e dal cuore giallorosso (ci siamo confrontati sorridendo alla fine sul "caso EasyJet" per Roma-Bayern, per i non calciofili eccolo ben spiegato qui dal giornalista Sky Sandro Sabatini) ha snocciolato una tale serie di tool per massimizzare il lavoro su Twitter che neanche l'enciclopedia Treccani: sono talmente tanti e articolati che rimando alla Storify finale, perché non c'è dubbio che mentre scrivo me ne ricordi uno. Un eccelso Claudio Gagliardini poi, tutte le volte che lo ascolto, mi fa sentire in colpa per non capire a fondo Google Plus.
Nel suo intervento ha presentato strumenti (nella foto Circloscope, uno dei più interessanti) che, se immaginiamo uniti alla marea di informazioni che Google mette a disposizione degli utenti, fanno capire come Google Plus sia tutt'altro che un social mal riuscito, ma un vero e proprio hub di servizi. Posso dire con sicurezza che Claudio lo sosteneva già qualche anno fa, quando molti non capivano il perché Big G avesse investito così tante risorse in quello che sbrigativamente veniva visto come un clone di Facebook.

2) Un nuovo modello per Linkedin
La contemporaneità con il panel di Gagliardini non mi ha permesso di partecipare a quello su Linkedin, social purtroppo non sempre affrontato a dovere in queste giornate di formazione. Ilaria è stata dettagliata e precisa nel raccontarlo, visto che ha partecipato lei, essendo una frequente utilizzatrice di Linkedin con una rete di collegamenti sopra la media. Del suo racconto mi ha colpito il "caso Luxottica" presentato da Michaela Matichecchia, ovvero gli obiettivi e i premi che l'azienda dà ai dipendenti che riescono a portare valore al proprio brand attraverso la reputazione online.
Un approccio davvero futuristico in Italia: sono sincero, ho qualche ottimo cliente, anche molto ricettivo su queste tipo di argomento, ma avrei il mio bel da fare per proporre qualcosa di simile! La riflessione che nasce spontanea comunque è sulla creazione di valore aziendale (e profitto) attraverso i social: certo, un dipendente che ha un'altra mansione non diventerebbe di colpo un Social Media Manager, ma la creazione di contenuti e valore davvero potrebbe avvenire lo stesso in modo naturale. Come per chi in azienda porta risultati con la propria attività commerciale e di marketing, sarebbe davvero così sbagliato pensare di dare incentivi a chi fa attività sui social, portando visibilità e magari nuovi clienti? Anzi, mi chiedo quando strutture di natura più commerciale inizieranno a codificare Linkedin come uno degli strumenti basilari per la vendita, oltre a canali più tradizionali come telefonate, newsletter e visite in sede. Trovo tutto molto interessante e degno di approfondimenti futuri.

3) Pinterest (per il fashion) e WeChat
Mi ha fatto piacere seguire dal vivo Giuliano Ambrosio, il mitico JulisDesign da cui nella mia vita ho copiato un sacco di codice ActionScript per Flash, nell'epoca pre-HTML5. Devo dire che anche con gli argomenti non tecnici se l'è cavata decisamente bene: la sua overview su Pinterest è stata precisa, dettagliata ed in linea con quanto avevo letto e sentito finora. Pinterest è un social su cui non ho mai smanettato a fondo, ma che so essere molto adatto per il fashion per la sua capacità di organizzare in board non solo dei total look, ma una serie di mondi che possono rimandare a quel concept. Acquisto emozionale, dunque: si va a colpire un pubblico educato per la moda, capace di fare ricerche davvero mirate e pronto ad acquistare un prodotto che rispecchia il suo modo di essere.
C'è solo un piccolissimo problema in tutto questo: Pinterest ha una percentuale di utilizzo in Italia davvero bassa. Le considerazioni precedenti riguardano il mercato americano, dove Pinterest è fra i primi social network per conversioni sugli e-commerce, ancora più nello specifico sulla moda. Non c'è motivo allora per non sperare che possa avere una presa anche in Italia, anche se sinceramente non arriverei a dedicare a Pinterest una parte elevata del budget di investimento sui social: piuttosto insisterei su test legati alla brand awarness ed elementi ludici (belli gli esempi di Cirio, Audi e Sephora al riguardo). Si dovrebbe forse pensare di educare l'utente al corretto utilizzo e alla bellezza emozionale delle immagini di Pinterest anziché sperare in un'interazione spontanea come su Facebook. Se la natura immediata di questo social non è lontano da servizi di freschissimo lancio come Ebay Collezioni, allora vuol dire che un valore c'è anche per l'Italia. Cautela e occhi aperti dunque, perché basterebbe poco a Pinterest per diventare la killer application del mobile commerce per il fashion.
Su WeChat non voglio ancora sbilanciarmi troppo: dico solo che ho partecipato al panel molto scettico e ne sono uscito fin troppo entusiasta, quindi prima di scriverci davvero ho bisogno di fare prove e controprove. Quello che mi è piaciuto di Alessandro Veroli è stata la sincerità: ha iniziato a lavorare su WeChat per gusto di sperimentazione e ce l'ha presentato in maniera talmente dettagliata per cui alla fine chi pensa che sia un clone di Whatsapp è proprio fuori strada.  Di instant messaging c'è solo il nome: per il resto, una marea di servizi e tool. In Cina WeChat è il web: difficile dire se esploderà mai in Italia o rimarrà un mercato di nicchia. Di certo però vale bene qualche esperimento (e qui qualche idea di proposizione nel mio parco clienti ce l'ho...) in primo luogo perché i nomi che hanno investito su WeChat in Italia sono importanti e poi per il vantaggio della prima mossa che se ne potrebbe trarre. La banda larga è fondamentale: mi dite quale università da noi potrebbe calendarizzare una serie di servizi su WeChat come la Stanford University negli USA senza un'adeguata infrastruttura e cultura di rete?

La sperimentazione è la base del nostro lavoro, un'adrenalina che non si deve perdere mai: come si potrebbero sennò trovare nuovi modelli di business e tool di analisi dati persi nei meandri della rete? A volte ho la sensazione di proporre il nulla, perché quel nulla si basa su ipotesi che sono un mix di dati, conoscenza del mercato ed incoscienza. Giornate come quella del Social Media Strategies mi aiutano a pensare che ci sono tante persone che si fanno i loro "viaggi" come me: o siamo tutti pazzi, o questo mondo può crescere anche grazie a tutti noi.

MB

PS: Ecco la Storify!


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