Quando una quindicina di anni fa ho iniziato ad approcciare l'informatica il mio timore era quello di entrare in un mondo troppo difficile, visto il mio background umanistico.
Eccolo lì, direte voi: l'ennesimo imprenditore che fa parallelismo fra i due mondi, e per giunta questo è piccolo, di provincia e magari fra poco avrà la pretesa di cambiare meccanismi vecchi come il cucco.
Mi basterebbe aiutare il mio comune segnalando servizi e casi di successo di altri avendo in cambio la possibilità di parlare con cittadini e imprese: sarebbe bello portare un po' dell'esperienza che ho fatto sul campo con utenti internet di livello medio/basso. Ad esempio, quante imprese oggi vorrebbero lavorare sul web ma non danno un percorso coerente alla loro presenza online? Quali sono le cose da fare e - ancora più importanti - quelle da non fare per un artigiano, un negoziante o un'impresa? Come si può sviluppare una metodologia di lavoro che vede internet come un modello di business? Cos'é la business intelligence e come si potrebbe interfacciare agli Open Data? Come si devono proteggere i propri dati personali e aziendali?
Poi come sempre la mia tenacia e la voglia di imparare cose nuove ha preso il sopravvento: una naturale attitudine per la grafica e per il "bello" mi hanno permesso di lavorare bene nel web applicato alla moda (che ancora oggi mi dà da mangiare) e poi trattandosi alla fine di linguaggi non mi é stato troppo difficile comprendere le logiche di programmazione, anche se ammetto che in giro esistono sviluppatori più in gamba di me.
Quello che già nei primi anni emergeva era il fatto che alcuni clienti parlavano preferibilmente con me, perché riuscivo a spiegare loro quello che dovevano fare su siti e applicativi senza fare sentire nessuno un inetto o un semplice esecutore. Sapevo dare loro sicurezza attraverso il mio modo di comunicare, così dicevano ai miei capi, valorizzando così senza saperlo la mia laurea umanistica. Oggi molti di loro mi hanno seguito nella mia esperienza imprenditoriale, pemettendomi di avere un polmone da cui partire per essere autosufficiente nella ricerca e sviluppo di prodotti per le mia azienda e nella gestione degli errori che faccio ogni giorno.

La mia storia personale e la prima riunione dei Digital Champions della Toscana mi ha iniettato una buona dose di fiducia nel poter dare il mio piccolo contributo. Perché altrimenti, sono onesto, dopo aver ascoltato tutti avrei detto in modo schietto e sincero che mi tiravo indietro.
Si, l'ho detto e scritto molto chiaramente, chi mi conosce lo sa: il mondo pubblico mi spaventa senza se e senza ma. Sono uno che prende piccole e grandi decisioni ogni giorno e in maniera veloce: odio qualsiasi forma di burocrazia e di rallentamento. Se il ruolo di Digital Champion fosse andato ad inserirsi troppo in questi meandri avrei fatto outing, dichiarando tutta la mia inadeguatezza.
Invece al centro di tutto ancora una volta c'è la comunicazione, pubblico o privato che sia.
Ad esempio la pubblica amministrazione toscana ha certamente ottimi prodotti ma un problema comune a molte altre realtà: non sa comunicare ai cittadini quanto i propri servizi siano facili da usare e possano semplificare le loro vite. Molti miei clienti invece hanno un importante know how (perchè se fatturi minimo 10 milioni di euro all'anno in abiti e jeans da donna, vuol dire che non sei propriamente un bischero) ma spesso non sanno far percepire sul web la loro professionalità nel lavoro, il concept del proprio stile, la capacità produttiva o semplicemente al proprio interno non sanno fare rete con gli agenti o con le filiali. Se ci si pensa, non é poi tanto diverso il problema del pubblico e del privato: sembra sempre che manchi un connettore, una sorta di prolunga capace di unire due o più poli separati.
Eccolo lì, direte voi: l'ennesimo imprenditore che fa parallelismo fra i due mondi, e per giunta questo è piccolo, di provincia e magari fra poco avrà la pretesa di cambiare meccanismi vecchi come il cucco.
Figuriamoci, mica sono unto dal Signore.
Mi basterebbe aiutare il mio comune segnalando servizi e casi di successo di altri avendo in cambio la possibilità di parlare con cittadini e imprese: sarebbe bello portare un po' dell'esperienza che ho fatto sul campo con utenti internet di livello medio/basso. Ad esempio, quante imprese oggi vorrebbero lavorare sul web ma non danno un percorso coerente alla loro presenza online? Quali sono le cose da fare e - ancora più importanti - quelle da non fare per un artigiano, un negoziante o un'impresa? Come si può sviluppare una metodologia di lavoro che vede internet come un modello di business? Cos'é la business intelligence e come si potrebbe interfacciare agli Open Data? Come si devono proteggere i propri dati personali e aziendali?
Non essendo unto, non ho risposte inconfutabili a tutte queste domande, ma la ragionevole certezza di poter accendere qualche lampadina. Si fa cultura anche così, partendo dalle persone decontestualizzate dal proprio ambiente di lavoro: quelle persone sono prima di tutto cittadini che se iniziano a utilizzare proficuamente i servizi remoti messi a disposizione dal pubblico, saranno più propensi a utilizzare soluzioni informatiche evolute sul posto di lavoro. Insomma, nessun Fred Flinstone in famiglia o nella società può trasformarsi in uno Steve Jobs appena varcato il portone dell' azienda.
Poi è chiaro che se di tutti questi temi ne parla un piccolo imprenditore di provincia in una sala improvvisata forse lo verrebbero a sentire parlare un paio di amici e parenti, caso diverso se la comunicazione venisse veicolata dal comune. E dirò di più: per me sarebbe magnifico fare rete con Bologna e Prato, le mie due città: una mi ha adottato regalandomi opportunità nel mio percorso di studi e impresa, nell'altra invece sono nato ed è parte della mia formazione. Ho già conosciuto Matteo, il Digital Champion di Prato: per capire che è sveglio e ha idee idee innovative basta leggere il suo blog.

L'economia in fin dei conti ci dà da mangiare e il digitale creerà sempre più posti di lavoro e opportunità. Non sono frasi fatte, anche qui lo vedo sul campo. Molti miei clienti hanno seguito un metodo di lavoro sul web (oltre la pagina Facebook aperta ad minchiam ed e-commerce cadaveri) e negli ultimi anni ho visto assumere almeno una/due persone per azienda per seguire i canali social e ordini online su b2b. Ho visto poi queste persone a loro volta fare cultura e portare innovazione a chi era già in azienda da anni. Bisogna essere sicuri del proprio prodotto, però: il web crea nuovi canali di business ma solo in rari casi il prodotto nasce ed esaurisce il suo ciclo di vita online.
Mi impegnerò nelle prossime settimane per scrivere qualcosa sull'argomento, senza la pretesa che sia Vangelo. Sarò lieto di ricevere critiche, suggerimenti e idee da altri campioni con i controcoglioni come quelli che ho conosciuto a Pisa: se sono tutti come loro per livello di competenze ed entusiasmo, ho ancora tante cose da imparare.
MB
MB
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