Primissima analisi del nostro primissimo bot. In tre proviamo a buttare giù il flusso logico, un insieme di domande e risposte, cercando di limitare i “case else” e facendo in modo che l’utente venga guidato il più possibile da bottoni e comandi, con poco spazio per i termini di ricerca liberi.
Dopo un paio d’ore di schemi, post-it, freccette e ramificazioni, abbiamo tirato le somme con il nostro bel disegno: nel bot avevamo messo tutto ciò che si poteva trovare in un normalissimo sito. Avevamo rispettato la stessa logica di navigazione, partendo da un semplice menu: uomo, donna, abiti, camicie, scheda prodotto ecc ecc.
Le domande allora sono sorte spontanee: perché l’utente dovrebbe utilizzare un bot se il processo di ricerca e navigazione è lo stesso di un normale sito internet? Perché si dovrebbe andare in una chat per compiere le stesse operazioni che si fanno normalmente su un browser? E’ tutta qui la rivoluzione dei bot, cioè usare un altro canale per fare le stesse cose che facciamo ogni giorno, per lavoro o per diletto?
Si trova già molto in rete sull’ argomento. Ci sono articoli dai toni entusiastici, che celebrano la “rivoluzione d’Aprile” (dopo l’ F8 di Facebook) come la nascita dell’ennesima nuova fase del web, altri che fanno il funerale alle app (e a Whatsapp) e altri ancora che si dicono certi che presto i siti web spariranno: troppo lenti per rispondere alle velocità di ricerca dei nostri tempi. Il mercato delle app tuttavia pare davvero in calo: ne vengono scaricate sempre meno e disinstallate sempre di più. Ci siamo accorti che installare un’app per usarne solo una o due funzionalità non è poi una gran figata. Ogni app prende spazio sul disco, alcune in modo consistente se non si lavora sule impostazioni: 8 o 16 GB sullo smartphone si riempiono alla svelta, nonostante iCloud o Drive per i backup. Sono comportamenti che tutti noi possiamo provare sulla nostra pelle: pensiamo a quante app abbiamo sullo smartphone, a quante ne utilizziamo realmente e quante delle lorofeature utilizziamo realmente.
Avere più servizi di tipo diverso in un unico luogo, in questo caso la chat di Messenger, sembra una prospettiva che davvero potrebbe cambiare a breve i nostri modi di lavorare, cazzeggiare, acquistare, prenotare online.
Bisogna però vedere dall’altra parte i bot cosa e come rispondono, perché è proprio il comportamento troppo artificiale (o poco intelligente) di questa forma di intelligenza artificiale che dà argomentazioni ai suoi detrattori.
Le voci scettiche non mancano, alcune con spunti di riflessione davvero costruttivi. Prendiamo questo pezzo apparso su Forbes: un bot che si comporta in modo un po’ “tonto”, che dice sempre “Non ho capito” anche in risposta alle domande più semplici, che non sa distinguere la parola “menu” da “menù” può realmente soddisfare le esigenze di normalissimo essere umano? Come si lascerebbe perdere facilmente una persona reale a cui si dice “quadri” sentendosi rispondere sempre “picche”, allo stesso modo lo si farebbe in una chat, chiudendo anzi la conversazione in modo molto più veloce rispetto al bar o al telefono.
Ecco allora che torniamo alla nostra primissima analisi e alla domanda esistenziale di tre analisti programmatori: perché replicare un sito sotto forma di bot? La risposta è no, non può essere questa la strada giusta. Certamente è necessario rispettare una struttura logica e gerarchica, ma le armi vincenti dei bot a livello di usabilità dovrebbero essere velocità e soprattutto intelligenza nella ricerca. Bisogna renderli il meno “sordi” e “tonti” possibili, lavorando fin da subito sulla semantica, sulle combinazioni di parole, sulla comprensione di cosa l’utente sta cercando, se una categoria di prodotti (pantaloni neri) o un singolo articolo (maglia a righe) ad esempio. Il margine di errore dovrà essere ridotto al minimo, così come sarà importante avere una sezione “help” breve e chiara.
Nel quartier generale di Facebook sanno bene che dare un “senso comune” all’ intelligenza artificiale sarà il vero crocevia per lo sviluppo del mercato dei bot. Se a breve ci forniranno strumenti migliori per lavorare in questo senso tanto meglio: adesso l’importante per noi sviluppatori è iniziare a pensarli nella maniera più umana e semantica possibile.
MB
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